Capitolo B: La crisi generale della società capitalista

1. La crisi generale del capitalismo, iniziata con la I Guerra Mondiale e la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia, spinge a risolvere la contraddizione fondamentale della nostra epoca tra il capitalismo e il socialismo. È una crisi della totalità del sistema mondiale imperialista che lo caratterizzerà fino al momento della sua eliminazione. Nel passaggio al nuovo millennio, il processo di corruzione e di putrefazione delle forze economiche, politiche e ideologiche del sistema sociale capitalista si inasprisce in tutti gli aspetti. I fattori per una nuova fase storica di capovolgimenti stanno crescendo. La sola alternativa alla decadenza nella barbarie capitalista è una rinascita della lotta per il socialismo.

2. Grazie alla classe operaia, detentrice del più avanzato modo di produzione, il capitalismo ha prodotto la forza capace di trasformare la società e di superare il capitalismo stesso. Il progressivo stravolgimento della struttura economica del capitalismo trasforma una parte sempre maggiore di operai da semplice manodopera per le macchine in versatili e formati supervisori e direttori di un complicato processo di produzione. Questo processo non può piú funzionare senza lo sfruttamento della forza creativa e dell’iniziativa della classe operaia.

Ma la classe operaia è impedita nel suo libero sviluppo. Il sistema dello sfruttamento capitalista impedisce totalmente alla classe operaia la soddisfazione dei propri bisogni materiali, sociali e culturali. Nel processo di internazionalizzazione del modo di produzione capitalista e attraverso la lotta unita contro il capitale monopolista internazionale è emersa una classe operaia internazionale. Gli operai e le operaie organizzati su scala mondiale nei gruppi multinazionali sono la forza dirigente nella lotta internazionale per una società liberata, senza sfruttamento e oppressione capitalista.

 

3. L’espansione illimitata della produzione porta sempre una maggiore contraddizione man mano che si restringe il mercato. Questa contraddizione non può essere risolta nell’economia di profitto del sistema capitalista. Essa si manifesta per mezzo di regolari crisi di sovrapproduzione che sopraggiungono secondo dei cicli. Il classico ciclo dell’economia capitalista è cambiato dopo la II Guerra Mondiale per via della regolamentazione esercitata dallo Stato: la crisi economica viene immediatamente preceduta da un periodo di stagnazione fluttuante, in cui le contraddizioni vengono mantenute artificiosamente in continua tensione. Tutto ciò, comunque, può ritardare il manifestarsi della crisi economica, ma non può impedirla.

 

4. A partire dagli anni ’70, sempre più spesso sono emerse enormi crisi strutturali nel processo di riproduzione del capitale ad ogni passo fatto in avanti nello sviluppo del modo di produzione del capitale; ogni volta, sempre maggiori forze produttive e capitali sono state distrutte. Le principali conseguenze sono state lo sviluppo di crescenti masse di disoccupati e di sottoimpiegati come fenomeno permanente, abbassamento generale del potere d’acquisto dei salari dovuto all’aumento indiscriminato dei prezzi, riduzione dei salari, aumento dei ritmi di lavoro, riduzione delle prestazioni sociali e costante aumento delle tasse per le masse.

La borghesia monopolista rivolta le manifestazioni della crisi anche contro la borghesia non monopolista.

Come risultato decine di migliaia di piccoli imprenditori sono stati rovinati ogni anno mentre i grandi gruppi industriali hanno assunto dimensioni mondiali.

 

5. Dal 1990 una nuova crisi strutturale internazionale ha preso il posto della crisi strutturale dovuta all’introduzione della microelettronica e dell’automazione. Questa nuova crisi strutturale è stato il più potente catalizzatore della crisi di sovrapproduzione. Il suo fulcro sta nella nuova organizzazione del modo di produzione internazionale capitalista sotto la regia dei più grandi monopoli internazionali. La concorrenza internazionale ha assunto la forma di una guerra di sterminio tra i monopoli a cui si combina un enorme aumento dello sfruttamento dei lavoratori attraverso la flessibilità del tempo lavorativo e l’introduzione generale del lavoro in team. L’internazionalizzazione del modo di produzione capitalista internazionalizza anche le crisi, cosa che rende i meccanismi regolatori operati dagli Stati più dispendiosi, più onerosi, e, allo stesso tempo, meno efficaci. Tutto questo ha generato una crisi delle finanze pubbliche e porta al graduale smantellamento del sistema sociale dello Stato. La contraddizione tra il dominio dei monopoli, organizzato a livello degli stati nazionali, e l’internazionalizzazione del modo di produzione capitalista si aggrava all’estremo.

I gruppi internazionali chimici, alimentari e commerciali nonché le grandi banche controllano il mercato agricolo mondiale. L’utilizzo dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie aggravano la cronica crisi agricola. Nei paesi in via di sviluppo, la distruzione massiccia di centinaia di milioni di piccoli e medi agricoltori porta come conseguenza, la fame, la malnutrizione, l´abbandono massivo delle campagne ed un’orda di lavoratori emigranti in continuo aumento.

 

6. L’ordine familiare borghese deve assicurare la produzione e la riproduzione della vita umana nella società capitalista. Serve come fattore d’ordine per i monopoli dominanti al di là della vita delle masse. Con l’inserimento massiccio delle donne nel contesto sociale produttivo e in stretta interazione con le altre manifestazioni della crisi generale del capitalismo, l’ordine familiare borghese è caduto in una crisi cronica che fa sorgere dei dubbi circa le possibilità di funzionamento del sistema capitalista e costituisce la base sociale per una rinascita della lotta per la liberazione della donna.

 

7. L’imperialismo e il colonialismo sono inseparabili. Lo smantellamento dell’antico sistema coloniale dovuto all’insorgere delle lotte di liberazione nazionali e sociali delle masse nei paesi oppressi dopo la II Guerra Mondiale, ha costretto gli imperialisti a riconoscere l’indipendenza politica della maggior parte delle vecchie colonie. Ma solo la via socialista di liberazione nazionale e sociale porta al successo.

Gli imperialisti approfittano del ritardo economico dei paesi in via di sviluppo che era la conseguenza dell’oppressione e dello sfruttamento colonialista. Sono riusciti a rendere economicamente dipendenti i paesi in via di sviluppo orientati verso il capitalismo e ad inserirli nel loro sistema neocolonialista. La concorrenza per i mercati, la manodopera a basso prezzo, le regioni ricche di materie prime e le sfere d’influenza costringono gli imperialisti a sfruttare ed opprimere sempre di più i paesi neocoloniali. Il risultato naturale è la crisi del neocolonialismo la quale è accompagnata dalla crisi cronica dovuta all’indebitamento.

La gestione internazionale capitalista della crisi attraverso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale impone costantemente alle masse nuovi sacrifici e i cosiddetti “programmi di risanamento”, ed è destinata a fallire. Tutto questo suscita inevitabilmente la resistenza della classe operaia e delle masse popolari oppresse e costituisce la base materiale di un nuovo insorgere della lotta per la liberazione nazionale e sociale nei paesi in via di sviluppo.

 

8. L’essenza politica dell’imperialismo è la continua ricerca dell’egemonia mondiale. La sfrenata politica di potere dell’imperialismo esige la militarizzazione dell’economia, dello Stato e della società. Il capitalismo monopolista di Stato assicura la sua posizione di forza politica tanto nella politica interna quanto in quella estera con il complesso militare-industriale. In quanto superpotenza imperialista, gli Stati Uniti si arrogano il ruolo di gendarme mondiale contro la liberazione nazionale e sociale dei popoli e delle classi oppresse. La loro pretesa aggressiva di esercitare un’egemonia totale fa aumentare la minaccia generale di guerra. L’imperialismo tedesco fonda, oggi, la sua influenza politica utilizzando, in primo luogo, una avveduta penetrazione economica. Questa penetrazione è la più avanzata tra i paesi dell’Unione Europea e si manifesta attraverso una moneta comune.

Sul piano politico e militare la Germania ha ampliato la sua influenza in qualità di alleato degli Stati Uniti e come membro della NATO e, così facendo, entra sempre più in concorrenza con i suoi alleati imperialisti. L’imperialismo tedesco mostra le sue mire di potere politico non solo partecipando ad azioni militari internazionali sotto la copertura ipocrita di azioni d’assistenza umanitaria dirette dall’ONU, ma partecipa anche a guerre di aggressione nel quadro della nuova strategia della NATO. La lotta per gli obiettivi imperialisti porta inevitabilmente a conflitti armati che possono arrivare sino ad una terza guerra mondiale nucleare se i popoli, sotto la direzione del proletariato internazionale, non la eviteranno. Esisteranno le guerre e minaccia di guerra fin quando esisterà l’imperialismo.

 

9. A causa della sete di profitto da parte dei monopoli, il progresso tecnologico nell’uso della natura e delle sue leggi porta ad un sfruttamento indiscriminato dell’ambiente. L’alterazione e la contaminazione dei suoli, dell’acqua, dell’aria, della flora e della fauna hanno raggiunto le dimensioni di una crisi ambientale internazionale che da tempo ha iniziato a trasformarsi in una devastante catastrofe ecologica mondiale che potrebbe distruggere irreparabilmente l’unità tra uomo e natura. I fattori principali della crisi sono l’aumento dell’effetto serra, la distruzione, sempre maggiore, della coltre d’ozono necessaria alla vita, le catastrofi ecologiche regionali sempre più frequenti e la distruzione delle foreste tropicali. Inoltre, cresce il pericolo dell’inquinamento nucleare. Questa evoluzione non può essere fermata ed invertita se non con una resistenza attiva organizzata a scala internazionale.

 

10. Con l’apparato dello Stato, i capitalisti monopolisti, piccola fascia della borghesia, dispongono degli strumenti di potere determinanti per mantenere il loro dominio e per esercitare la loro repressione sulle masse sfruttate. I monopoli manipolano l’opinione pubblica con i media moderni e con la cultura borghese di massa. I capitalisti monopolisti utilizzano il parlamentarismo borghese per dissimulare il loro potere autocratico. Utilizzando i partiti borghesi come principale appoggio sociale e con il loro apparato d´inganni, tentano di legare le masse al sistema capitalista. Per le masse la democrazia borghese significa in primo luogo falsità, ma anche terrore come viene dimostrato dalla crescente “fascistizzazione” dell’apparato dello Stato.

La forma di dominazione della democrazia borghese è stata la migliore arma per l’ascesa economica e politica del nuovo imperialismo tedesco. Nel caso di un’offensiva rivoluzionaria della classe operaia e di una sua presa del potere, se il capitale monopolista non potesse più esercitare la dominazione con i metodi della democrazia borghese, tenterebbe di eliminare la forma della democrazia borghese e costituirebbe come sistema di dominio una dittatura apertamente terrorista.

 

11. Per non mettere a rischio, nella congiuntura di prosperità, la crescita a livello internazionale del nuovo imperialismo tedesco a causa delle lotte sociali, i capitalisti monopolisti hanno attuato una politica di collaborazione tra i dirigenti della destra del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD) e dei sindacati con le associazioni dei capitalisti.

Questa politica di “concessione di riforme dall’alto” ha costituito un freno alla rivoluzionarizzazione della classe operaia. Ma, a seguito dello smantellamento delle riforme sociali all’inizio degli anni ottanta, il capitalismo monopolista di Stato è stato accompagnato da una crisi politica latente che incalza apertamente con sempre maggior insistenza e indirizza le masse contro la dittatura dei monopoli.

 

12. Nelle sue forme apertamente reazionarie, l’ideologia borghese è sempre meno capace di esercitare un’influenza sulle masse. Per erodere la coscienza di classe del proletariato o impedirne lo sviluppo ad un livello superiore, i dirigenti hanno, a poco a poco, sviluppato nella società un modo di pensare piccolo borghese. Questo ha l´obbiettivo di disorientare, disorganizzare e demoralizzare la lotta di classe del proletariato ed è diventato, dal punto di vista politico, un elemento che sostiene il potere dei monopoli.

 

Il modo di pensare piccolo borghese adotta, in apparenza, una posizione critica riguardo ai rapporti sociali al fine di difendere il capitalismo da tutte le alternative sociali.

Quando le masse porranno fine al modo di pensare piccolo borghese nelle sue differenti sfumature, contenuti e forme e faranno proprio il modo di pensare proletario, allora potranno decidere a favore del percorso della lotta di classe proletaria.

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